lunedì 26 marzo 2018

La mossa del cavallo, 2018



Regia di Gianluca Maria Tavarelli, con Michele Riondino (Giovanni Bovara), Antonio Randolfo (Padre Carnazza),Ester Pantano (Trisina Cicero), Angelo Libri (La Mantia), Maurizio Puglisi (Don Cocò).


Montelusa, 1877: Giovanni Bovara, nato da genitori di origine siciliana ma sempre vissuto al Nord, arriva a Montelusa come ispettore capo dei mulini con il compito di individuare gli evasori della tassa sul macinato. Scopre subito uan realtà di intrallazzi a cui non è abituato e che più cerca di dipanare, più diventa fitta, sopratutto dopo che assiste all'omicidio di Padre Carnazza, un prete corrotto e donnaiolo....



Tratto dal romanzo omonimo (1999) di Andrea Camilleri, è il primo film dedicato alla serie di  romanzi ambientati a Vigata in varie epoche storiche, ma non appartenenti al filone del Commissario Montalbano (E infatti il sottitolo del film è "C'era una volta Vigata"). E difatti nel filmato andato in onda prima del film, lo stesso Camilleri dichiara di essere un po' emozionato per questa cosa e sperava che il pubblico lo gradisse.
Credo che possa stare tranquillo:  pare che il pubblico abbia premiato il film in termini di ascolto, mostrando di gradire questa novità fuori dal contesto di Montalbano, che del resto chi legge i suoi libri sa benissimo essere altrettanto forte per questo autore.
Certo i rimandi a personaggi e ambientazioni più famose non mancano: a partire dall'ambientazione nella Vigata del 1800 (comunque la stessa del romanzo) al personaggio del protagonista, che in taluni passaggi davvero sembrava un antenato del celebre commissario, complice anche il fatto che Michele Riondino è l'attore che ha interpretato il Giovane Montalbano. Ma a mio avviso sono cose trascurabili che non inficiano la visione di una storia gradevole anche se vi sono non pochi "punti morti" nella narrazione, momenti che appaiono fastidiosamente lenti e noiosi e rischiano di far venire allo spettatore la tentazione di abbandonare la visione. 

Giovanni Bovara da subito sembra un pesce fuor d'acqua, nonostante le origini siciliane: avendo infatti sempre vissuto al Nord ha interiorizzato il senso dell'ordine, delle regole, del dovere e ne ha fatto un vero e proprio stile di vita; anche per queste sue qualità viene mandato a Vigata, dove trova una situazione in cui ognuno fa quello che gli pare. Il giovane parte con l'idea di portare il suo ordine e il suo modo di fare, ma alla fin fine sarà lui a doversi adeguare, imparando il siciliano come strumento essenziale per capire il modo di agire di certe persone e quindi tirarsi fuori dai guai. Riondino è molto bravo a descrivere il cambiamento interiore prima ed esteriore poi del suo personaggio, ed inevitabilmente poi finisce per fare da mattatore nella vicenda, seppure supportato da personaggi altrettanto validi: il prete corrotto e donnaiolo, la giovane vedova che fa il doppiogioco, i mafiosi disposti a tutto...va bene, anche un po' stereotipati, ma tutto sommato credibili.
Spero che ne facciano ancora di film di questo tipo, dato che molti romanzi di Camilleri di questo filone sono davvero bellissimi.


giovedì 22 marzo 2018

The Breakfast club, 1985


Regia di John Hughes, con Emilio Estevez (Andy Clark),Molly Ringwald (Claire Standish),Ally Sheedy (Allison Reynolds),Anthony Michael Hill (Brian Johnson), Judd Nelson (John Bender),Paul Gleason (il preside Vernon).


A causa di una punizione, cinque studenti di un liceo americano sono costretti ad andare a scuola anche di sabato: sono Andy, aspirante atleta snobbato dalla famiglia che lo preferirebbe intellettuale, Clsire, viziata fashion victim, Allison, ragazza "dark" e solitaria, Riuniti in biblioteca, il preside assegna loro un tema intitolato "Chi sono io?"
Durante le ore che trascorrono insieme forzatamente, nel tentativo di scrivere il tema, i ragazzi legano fra di loro....



E' successo più di una volta: vedo un classico degli anni '80 (ma anche di altri decenni) che ho sempre sentito osannare....e non mi fa nè caldo nè freddo. Carino, ma niente più.
E' successo con "Dirty dancing" (quando ero ancora adolescente, e in tempi più recenti con "Flashdance", "Footloose" e "STayng alive"; è successo ancora una volta con questo "The Breakfast club", di cui ho sempre sentito parlare come un mito assoluto da tantissimi che negli anni '80 erano adolescenti. E non dico che per gli adolescenti dell'epoca non possa esserlo stato, anzi.
Ma sinceramente non mi sono molto appassionata alle vicende narrate in questo film, anche se la premessa era buona: un gruppo di liceali che più diversi non si può costretti a passare assieme un'intera giornata nella biblioteca della scuola come punizione nel loro "giorno libero" (pare che in USA ce l'abbiano anche a scuola). 

Chiedersi "che succederà?" è inevitabile, anche se altrettanto inevitabile immaginarsi già almeno una parte della trama come risposta: ovvio che nasceranno delle amicizie, che scopriremo che tutti sono diversi dalla facciata con cui sono conosciuti, ovvio che tutti loro avranno dei problemi che nessuno sospetterebbe: la ragazza ritenuta frivola perchè maniaca della moda è vittima di due genitori che, combattendo una loro personale battaglia, usano la figlia accontentandone ogni capriccio per tirarla dalla propria parte, il bullo è figli di un padre violento, il secchione è pressato da genitori che pretendono ottimi voti in ogni occasione e addirittura il figlio, quando ha ricevuto un brutto voto, ha tentato il suicidio per paura di deluderli; la ragazza "dark" cerca così di attirare l'attenzione altrui, sentendosi invisibile agli occhi di tutti, in particolare dei familiari che invece la ignorano. Insomma contrariamente a quanto ho sempre sentito dire dai fan del film, di originalità non ce n'è molta, ma probabilmente il merito della storia sta in gran parte in un cast di giovani attori misconosciuti (all'epoca, e alcuni anche oggi visto che non hanno mantenuto le promesse) ma bene amalgamati e diretti in modo da tirare fuori i propri punti di forza, e in un ritmo narrativo scorrevole e nonostante tutto non banale. Anche il finale- non faccio spoiler- non è così scontato, a differenza del resto della pellicola...e ha un suo significato importante che lo rende un po' insolito dal resto delle commedie "giovani" dell'epoca, tutte con obbligato lieto fine. E' un finale realistico, che mostra che il fatto di nn essere per forza lieto second i canoni, non vuole nemmeno dire che deve essere triste.
Tutto sommato gradevole e credo vada bene anche per gli adolescenti di oggi, non lo trovo così datato.



lunedì 19 marzo 2018

Puoi baciare lo sposo, 2018



Regia di Alessandro Genovesi, con Cristiano Caccamo (Antonio), Salvatore Esposito (Paolo), Monica Guerritore (Anna), Diego Abatantuono (Roberto), Diana Del Bufalo (Benedetta),



Antonio e Paolo fidanzati a Berlino, decidono di sposarsi in Italia, dove risiedono entrambe le famiglie d'origine: come prima cosa partono quindi per Bagnoregio, ospiti dei genitori di Antonio, che tra l'altro sono all'oscuro dell'omosessualità del figlio. Una volta fatta la rivelazione le reazioni dei genitori sono contrastanti: la madre Anna accetta con entusiasmo la cosa e comincia subito ad organizzare le nozze, contattando addirittura Enzo Miccio, mentre il padre Roberto, sindaco del paese, rifiuta in toto la neo coppia, che ha anche un altro problema: andare a Napoli per convincere la madre di Paolo, che da tre anni non parla col figlio proprio perchè anche lei non ne ha accettato l'omosessualità, a partecipare....



Una simpatica commedia su un tema ancora poco esplorato dal cinema italiano: non tanto l'omosessualità, ma il matrimonio tra due gay. Anche a livello di commedia il film potea essere sviluppato meglio, se non si fosse scelto di inserire alcuni personaggi inutili con altrettante sottotrame che portano via tempo (e quindi impediscono di sviluppare altre cose più interessanti: ad esempio il rapporto tra Paolo e sua madre, affrettatissimo, e i dilemmi di Roberto, che non saranno nobili ma possono essere umanamente comprensibili).
Infatti che utilità danno i tre personaggi di Benedetta, Donato e Camilla? Senza nulla togliere agli attori (anche se penso che comunque Dino Abbrescia sia meglio delle due colleghe, forse però anch'esse risentono di questa sceneggiatura un po' raffazzonata), le loro storie e personalità sono solo abbozzate in funzione del fatto che dovrebbero costituire le spalle comiche della storia, ma anche un personaggio- spalla dovrebbe essere sviluppato quel tanto che basta da renderlo perlomeno credibile o da capire i suoi comportamenti. In particolare risulta incomprensibile non solo come Antonio accetti passivamente le pretese di Camilla pur minacciandola di denuncia, ma come poi alla fine ceda ai suoi ricatti senza una minima opposizione.  Con questi tre personaggi (che sembrano piovuti lì a caso) tutto ciò non avviene. E difatti lo spettatore si concentra solo sul quartetto principale: ovvero i due sposi Antonio e Paolo (il primo più discreto e che si lascia un po' trascinare da ciò che decidono gli altri, il secondo più determinato e forse anche meno "vergognoso" rispetto al suo orientamento sessuale) e i genitori di Antonio, Anna (che dietro l'apparenza di madre accogliente e mentalmente aperta secondo me sotto sotto nascondeva altro, rivelato nella scena in cui parla con Paolo della ex di Antonio. Quindi lei è contenta delle nozze con un uomo perchè non vede in lui un "rivale" nel rapporto con il figlio come poteva esserlo invece una compagna donna) e Roberto, il sindaco del paese che ha vinto le elezioni con l'argomento dell'apertura mentale ma si trova a combattere contro dei dilemmi personali (come ho detto prima messi molto male).

Se la coppa Guerritore- Abatantuono è meglio prenderla singolarmente perchè insieme non amalgamano, funzionano meglio i due giovani, anche se per qualcuno sembrerà un po' strano vedere il Genny Savastano di Gomorra in versione gay pacioccoso. Ma in fondo è bello per un attore mettersi alla prova con i ruoli più diversi, e a mio avviso Salvatore Esposito mostra di cavarsela molto bene.
Il film è girato nel borgo  di Civita di Bagnoregio, uno dei più antichi d'Italia, chiamato "la città che muore" per la sua fragilità che addirittura (come mostrato nel film) non permette di arrivarvi nemmeno con la corriera; nel corso del film vengono mostrati parti caratteristiche e usanze del borgo.



venerdì 16 marzo 2018

Ben Hur, 2016

 Regia di Timur Bekmambetov, con Jack Houston (Giuda Ben Hur), Toby Crebbel (Messala),Nazanin Boniadi (Esther), Sofia Black D'Elia (Tirzah), Rodrigo Santor (Gesù), Morgan Freeman (Sceicco Ilderim).

Il nobile ebreo Giuda Ben Hur vive con la madre, la sorella Tirzah e il fratello adottivo Messala, guidando la famiglia dopo la morte del padre. I tempi non sono dei migliori: a Gerusalemme la gente è sempre più insofferente della dominazione romana che crea disparità sociali e religiose tra i cittadini delle diverse estrazioni, e gli episodi di violenza sono all'ordine del giorno. Anche Messala, di origine romana, dopo un litigio con il fratello si ribella e se ne va, raggiungendo le truppe romane e diventando centurione, senza più dare notizie di sè.
Tre anni dopo, Pilato arriva a Gerusalemme, e passando sotto la casa di Giuda è vittima di un incidente che viene scambiato per un attentato; ritenuto colpevole, Giuda viene condannato a diventare schiavo nelle galee, tutte le sue ricchezze espropriate e tutta la sua famiglia condannata alla crocifissione. Messala, che faceva parte della scorta di Pilato e sapeva la verità, non ha fatto nulla per qulla che fino ad allora era stata la sua famiglia; per questo motivo Giuda promette di vendicarsi....





"Non andrò MAAAAAAIIIIIII a vedere il nuovo Ben Huuuuuuuurrrrrrrrr!": questa è stata la reazione di mia mamma, signora 70enne il cui ultimo ingresso al cinema risale al 1977 (a parte un'esilarante incursione nel 2001) e di cui il famoso capolavoro del 1961   è uno dei film preferiti di sempre (come del resto, lo è per me). Riporto la sua reazione perchè penso che sia stata quella di moltissimi altri spettatori, e in fondo un po' è stata anche la mia, tant'è vero che in effetti non sono andata a vede il film al cinema. Poi però- considerato  che anche  il kolossal con Charlton Heston è a sua volta un remake della prima versione del 1920, tratta dal romanzo omonimo di Lew Wallace- ho deciso qualche giorno fa di vederlo ugualmente a gratis, tanto per curiosità.
Ed in effetti, non ho avuto la cattiva opinione che mi aspettavo.
Innanzitutto ho cercato di accostarmi al film non tanto come il sacrilego remake del grande capolavoro, ma come un film a sè stante, tratto da un romanzo come tanti altri; questo atteggiamento mi ha permesso già altre volte di non cadere nella trappola dei paragoni facili, anche se non posso non dire che l'altro rimarrà sempre uno dei miei film del cuore, e comunque di qualità superiore. 

La storia presenta pochi punti in comune con l'altro film, e molte differenze: ad esempio, Beh Hur sposa subito Esther e quindi quando verrà separato dalla famiglia perderà anche lei; inoltre, Messala è un giovane romano adottato da piccolo dal padre del protagonista, e pur essendo vissuto come affezionato fratello adottivo è evidente il complesso di inferiorità che mostra perchè consapevole del fatto che non sarà mai considerato alla pari dei nobili. Certo tutto ciò non basta a spiegarne la stronzaggine verso una famiglia che comunque l'ha accolto, e di cui inizialmente era persino intenzionato a sposarne la figlia; ma purtroppo i personaggi sono poco approfonditi in generale. 
Il grosso difetto del film a mio avviso è appunto l'essersi preoccupati di più delle scenografie, dell'azione, delle "scene da kolossal" in un film che kolossal non è, con il risultato quindi che i personaggi sono rimasti affidati alal buona volontà degli attori che certo non può tutto, e le scene sopraddette non se le ricorda più nessuno appena finito il film. Novità anche per la figura di Gesù, qui appare come personaggio vero e proprio e interagisce molto di più con gli altri.
Un decente film d'azione a sfondo storico, senza infamia e senza lode, insomma.


martedì 13 marzo 2018

In arte Nino, 2017



Regia di Luca Manfredi, con Elio Germano (Nino Manfredi), Duccio Camerini (Romeo Manfredi),Stefano Fresi (Tino Buazzelli), Miriam Leone (Erminia Ferrari), Barbara Ronchi (Rossella Falk).



1940: dopo tre anni passati in sanatorio il giovane Nino esce e la sua strada pare già tracciata: il padre carabiniere infatti, desiderando che l figlio diventi avvocato, lo iscrive all'Università. Ma l'estroso ragazzo non è proprio sicuro che quella sia la sua strada, e ne ha la conferma dopo aver stretto amicizia con un gruppo di giovani studenti dell' Accademia: si appassiona alla recitazione che decide che farà l'attore. Per accontentare comunque la famiglia decide nel contempo di portare l'Università a compimento...



Con questo bel film per la tv il regista Luca Manfredi rende omaggio al padre, il grande attore Nino Manfredi, scomparso nel 2002.
Il film narra in realtà solo una parte della vita dell'attore, ovvero si arriva fino agli inizi della notorietà; ma vediamo comunque che quella di Manfredi è stata una vita singolare di un personaggio singolare fin da subito.
Si comincia nel 1940, quando il giovanissimo Nino è in sanatorio colpito da TBC, e passa il suo tempo a comporre cazoni ironiche e fare imitazioni per rallegrare i compagni di sventura; figlio di un maresciallo dei carabinieri che sogna per lui una laurea in giurisprudenza e un tranquillo avvenire da avvocato, il giovane lascia correre fino a quando, una volta dimesso, si pone davvero il quesito "cosa voglio dalla vita?"; l'incontro decisivo è quello con un gruppo di giovani studenti dell'Accademia di arte (tra cui Tino Buazzelli e Rossella Falck) che gli fa prendere la decisione di laurearsi comunque per non deludere la famiglia, ma studiare arte per soddisfare sè stesso e le proprie ambizioni. Trascorrono così gli anni bui della guerra, si arriva ai primi anni '50 quando ormai laureato e col doppio titolo di studio, il giovane Nino si arrabatta con qualsiasi lavoro e comparsata pur di poter guadagnare pochi soldi; il successo è però dietro l'angolo con l'ingresso nel mondo del cinema, e quasi contemporaneamente conoscerà quella che diventerà la sua compagna di vita, Erminia, giovane indossatrice scottata da un ex fidanzato delinquente....
Insomma il film ripercorre sostanzialmente gli anni della giovinezza di Manfredi e degli esordi, dando un taglio forse un po' romanzato ma sostanzialmente fedele, del resto chi meglio del figlio può conoscere la storia del padre? In sostanza comunque un film godibilissimo e molto ben fatto, e gran parte del merito a mio avviso va a Elio Germano nel ruolo del protagonista; recitato davvero benissimo, a tal punto che in alcune scene si ha davvero l'impressione di rivedere il vero Nino Manfredi, seppure la somiglianza fisica all'originale, anche da giovane, non sia poi tanta. Accanto a lui altri validi comprimari come Stefano Fresi e Barbara Ronchi, e la bella Miriam Leone nel ruolo della fidanzata (poi moglie) Erminia. Proprio la parte riguardante la storia tra Nino ed Erminia risulta a mio avviso un po' affrettata e debole rispetto al resto del film, ma è un difetto accettabile.
Un degno omaggio a uno dei nostri più grandi attori.



sabato 10 marzo 2018

Romanzo Famigliare, 2017



Regia di Francesca Archibugi, con Vittoria Puccini (Emma Liegi), Guido Caprino (Agostino Pagnotta), Fotinì Peluso (Micol Pagnotta), Giancarlo Giannini (Gian Pietro Liegi), Marco Messeri (Vanni), Andrea Bosca (Giorgio), Francesco Di Raimondo (Federico), Marius Bizau (Marius),Anita Krayos (Natalia), Jacopo Crovella (Jacopo), Annalisa Arena (Valeria)..


Emma vive a Roma con la figlia sedicenne Micol, mentre il marito Agostino essendo tenente di Marina è quasi sempre via per lavoro. Quando Agostino viene promosso capitano decide di dedicarsi all'insegnamento all'Accademia Navale per stare assieme alla sua famiglia, che viene così trasferita a Livorno, città natale di Emma, dove vive anche Gianpietro, il severo padre con cui la donna non è mai andata d'accordo e che non sente da quando se n'è andata 16 anni prima. La famiglia Liegi è la più ricca e nota di Livorno ed Emma dovrà fare i conti ancora con questa realtà da cui era scappata molti anni prima, e con ben altri problemi in arrivo....




Questo sceneggiato tv mi è piaciuto, anche se non rientrerà nei miei preferiti per molti motivi, prima di tutto il fatto di avere messo troppa carne al fuoco e cose inutili che avrebbero sfoltito la trama e dato modo di dedicare più attenzione ai fatti e personaggi più interessanti.
Già il titolo (un omaggio alla Ginzburg e al suo "Lessico famigliare") non è indicatissimo, a mio avviso: in molti punti la storia sembra più una telenovela che un romanzo.
La protagonista è Emma, 32enne che però mentalmente dimostra molti meno anni: è disordinata, non sa tenere una casa, non sa cucinare, è estremamente disorganizzata e immatura. Tutto ciò nonostante la vita che ha vissuto finora racconterebbe l'esatto contrario: Emma è rimasta incinta a 16 anni della figlia Micol, ha avuto un durissimo scontro per questo con il padre Gian Pietro, ha quindi lasciato lasciato tutto per seguire Agostino, il padre di Micol, marinaio in carriera che poi è diventato tenente.
Da Livorno si è trasferita a Roma dove ha cresciuto Micol praticamente da sola, visto che a causa della sua professione il marito è spesso via. Si penserebbe quindi a una persona matura e temprata, invece abbiamo un'adolescente mai cresciuta e un po' bambocciona, nonostante bisogna dire che Emma si impegna a diventare la donna seria e adulta che tutti si aspettano. Di contro, la 16enne Micol è una ragazza matura e assennata, che spesso si trova a fare da supporto alla madre, e che coltiva con impegno il sogno di diventare clarinettista. 

Tutto cambia quando Agostino viene promosso capitano, e decide che è arrivato il momento di fermarsi e stare vicino alla sua famiglia; per fare ciò però, deve accettare un trasferimento a Livorno, città natale di Emma, dove lavorerà come insegnante all'Accademia Navale. Il cambiamento sarà epocale per tutti: per Emma sopratutto, che dovrà fare i conti con il padre che non vede da 16 anni: un padre dispotico e irascibile, con cui Emma non è mai andata d'accordo sopratutto dopo la morte della madre (avvenuta quando lei aveva otto anni), e che giustamente non può vedere. Peccato però che Gian Pietro Liegi sia l'uomo più ricco della città: e quindi volente o nolente Emma sarà costretta non solo a confrontarsi con il fatto di essere "figlia di", ma anche a riprendere i rapporti col padre. E questo è niente, visto che poco dopo Micol scopre di essere incinta, a 16 anni: insomma, la storia si ripete. Ma non tutto il male viene per nuocere....
Questo l'inizio della storia, che contiene un intreccio di trame a volte davvero complicato da districare: i temi più importanti a mio avviso, oltre la gravidanza della giovane Micol che segue le orme materne, sono il complicato  rapporto tra genitori e figli (non ci sono solo emma e Gianpietro o Micol con Agostino e Emma, ma anche Gianpietro con Iacopo e Marius, l'amica di Micol con i suoi genitori, Ivan con sua madre ecc), la lotta di Emma per maturare come persona, i problemi di coppia  dei vari personaggi, più intrighi e tradimenti vari. Un po' troppa carne al fuoco da seguire in otto puntate, e difatti ho trovato migliori le trame che coinvolgono i personaggi più giovani mentre gli adulti spesso sono invischiati in intrecci alla "Beautiful" che stufano pure. Per quanto riguarda gli attori ho trovato molto brava Vittoria Puccini nel tratteggiare un personaggio non facilissimo e che poteva pure risultare antipatico in certi punti, ma bravissima su tutti la giovane e bellissima Fotinì Peluso nel ruolo intenso di Micol. Non voglio fare inutili previsioni ma secondo me sentiremo ancora parlare di questa giovane attrice!
La sigla di apertura "Tu  non sai" è cantata da Nada.

mercoledì 7 marzo 2018

Notte degli Oscar 2018

Come ogni anno a Los Angeles si è svolta la 91ma    Notte degli Oscar.
Ecco i vincitori delle categorie principali.


Miglior film : "La forma dell'acqua" di Guillermo Del Toro





Migliore attore protagonista: "Gry Oldman per "L'ora più buia"



Migliore attrice protagonista: Frances Mc Dormand per "Tre manifesti a Ebbing, Missouri"



Migliore attore non protagonista: Sam Rockwell per "Tre manifesti a Ebbing, Missouri"





Migliore attrice non protagonista: Allison Janey per "Io, Tonya"



Migliore regista: Guillermo Del Toro



Migliore film straniero: "Una donna fantastica" di Sebastian Lelio (Cile)





Mie Considerazioni personali: personalmente, non ho ancora visto quasi nulla dei film candidati, e sinceramente non è che le proposte mi entusiasmino più di tanto, anche se qualcosa recupererò sicuramente.
Basandomi prevalentemente su Ciak e sui blogger di cinema che leggo, credo che non ci siano state grandi sorprese, visto che "La forma dell'acqua" era dato coem superfavorito e praticamente acclamato da pubblico e critica (devo essere l'unica a cui il trailer ha fatto un po schifo...). Pare che non ci sia un film che ha sbancato, e l'entusiasmo per "Luca Guadagnino e il suo "Chiamami con il tuo nome" (altro film che a me non potrebbe interessare di meno) si è dovuto accontentare del premio a Jame Ivory come migliore sceneggiatura non originale (che non è comunque poco).
Considerazione frivola: ma quanto era brutto l'abito della Mc Dormand?!

lunedì 5 marzo 2018

Madame Bovary, 1949



Regia di Vincente Minnelli, con Jennifer Jones (Emma Bovary),Van Heflin (Charles Bovary),Christopher Kent (Leon Dupuis),Louis Jordan (Rodolphe Boulanger).


Charles Bovary, mediocre medico di provincia, sposa la giovane Emma; ella sogna una vita passionale e piena di agi e lussi che però il marito, pur cercando di accontentarla il più possibile, non può darle. La donna comincia a sentirsi sempre più insoddisfatta e intraprende mille iniziative nel tentativo di sfuggire alla monotonia della vita di provincia, mancando sempre l'obiettivo; la depressione comincia a impadronirsi di lei fino agli incontri fatali con due uomini, Leon e Rodolphe....




Tratto dall'omonimo romanzo ( ) di Gustave Flaubert, il film inizia accennando al processo che coinvolse l'autore in quanto il suo romanzo venne ritenuto scandaloso (non ho mai capito bene il perchè, non mi sembra che racconti cose così diverse da quanto si soleva fare nella letteratura dell'epoca). Infatti è Flaubert stesso che, sul banco degli imputati, per difendersi comincia a raccontare e spiegare la storia di Emma, giovane donna un po' sciocca e un po' ingenua, un po' sfortunata e un po' rompixxxx, che non è riuscita a trovare il proprio posto nel mondo e ha pagata cara la propria scempiaggine.

Personalmente è una figura che non ho mai amato molto: certo, l'insoddisfazione di una donna indubbiamente schiacciata dall'ambiente in cui vive, il suo essere divisa tra responsabilità di moglie e madre e la naturale aspirazione a una vita piena e appagante, sono purtroppo cose molto comuni anche oggi .Però decisamente la povera Emma ci mette del suo, visto che, a conti fatti, non è altro che una campagnola frivola, per anni ha nutrito la sua fantasia e probabilmente anche il suo bisogno di evasione e di affetto con romanzetti rosa della peggior specie, che su di lei hanno avuto il devastante effetto di convincerla di essere una creatura unica e speciale, destinata a  una vita splendida e di grandi passioni. Non riuscendo ad adeguare ai suoi parametri la modesta vita che essere la moglie di un medico di provincia implica, si sente perennemente frustrata e insoddisfatta e da qui parte la sua ricerca di lusso, di svaghi, di passioni sempre totalizzanti che non possono che finire male, rendendola preda di uomini frivoli a cui non importa nulla di lei, che nemmeno la rispettano passando sopra ai suoi sentimenti e che non si fanno scrupolo alcuno di abbandonarla per il proprio comodo. Va da sè che in questo modo non riesce nemmeno ad apprezzare ciò che veramente ha: una vita tranquilla e tutto sommato benestante, una figlia, un marito innamorato e devoto.
Jennifer Jones per ovvi motivi è la mattatrice del film, e interpreta molto bene Emma, anche se devo dire che mi ha ricordato molto (nei modi e nell'atteggiamento, complice anche la stessa doppiatrice italiana) Vivien Leigh. Accanto a lei, dignitosi ma incolori i tre uomini della situazione.
A parte l'inizio c'è qualche cambiamento rispetto al romanzo, di poco conto e che non influisce sulla storia. Per il resto, la pellicola ha sempre il fascino dei vecchi film, che almeno  su di me influisce non poco anche in una storia non particolarmente bella.





venerdì 2 marzo 2018

Liberi Sognatori: Una donna contro tutti- Renata Fonte, 2017



Regia di Fabio Mollo, con Cristiana Capotondi (Renata Fonte), Giorgio Marchesi (Attilio), Peppino Mazzotta (Rocco Gerardi),Marco Leonardi (Antonio Spagnolo).



Renata Fonte è una giovane donna che vive con il marito e le figlie a Nardò, piccolo comune del Salento; convinta ecologista e impegnata nella lotta per i diritti delle donne, non può fare finta di non vedere che la speculazione edilizia di alcuni personaggi sta portando solo danni alla natura del paese. Decide così di candidarsi e viene eletta assessore; la serietà con cui prende il proprio impegno politico però le causa da subito parecchi nemici....




L'ultimo film della serie "Liberi Sognatori" mi ha fatto scoprire un personaggio che non conoscevo- forse perchè in effetti meno noto degli altri tre: Renata Fonte, assessore alla cultura e all'istruzione di Nardò, il suo paese natale, uccisa nel 1984 da un altro assessore del suo comune a causa del suo impegno ecologista.
Sposata e con due figlie, Renata è una donna che rispetto a molte della sua epoca (anche se siamo nel 1984, eh, non nell'800) ha una mentalità più libera e moderna: ha viaggiato in Italia e all'estero a seguito del marito ingegnere, e ha quindi visto e vissuto realtà diverse da quella di Nardò, il paese d'origine dove con la famiglia ha deciso di tornare. Lì le condizioni di vita non sono sempre facili, e non solo per le donne, ancora ancoràte a una mentalità che le vuole sottomesse e in casa, ma anche per i cittadini in generale: le bellezze naturali del paese  rischiano infatti di essere soffocate da speculatori edilizi che vogliono addirittura realizzare un villaggio turistico, sopprimendo molta della fauna e flora del paese. 
Renata decide così di mettere le proprie competenze a servizio della comunità per contrastare tutto ciò e cercare di difendere i beni di tutti.... o almeno è questo quello che vorrebbe fare, visto che gli interessi in ballo sono troppi, i piedi calpestati pure e cominciano a fioccare le minacce, oltre alla crisi coniugale col marito che non accetta una moglie che trascura (non per colpa sua) casa e figlie per il lavoro. Della protagonista viene quindi dato un ritratto a tutto tondo, e ho trovato molto convincente Cristiana Capotondi, attrice che di solito non apprezzo più di tanto, in un ruolo che in un'intervista afferma di aver sentito più di altri proprio per la sua importanza a livello civico (e secondo me tutto ciò si capisce vedendo la sua interpretazione). Oltretutto è un'attrice che sa passare abbastanza bene da toni drammatici a toni più morbidi (ad esempio nelle scene in cui compare con le figlie).
Bello oltretutto che sia stato messo in risalto, oltre all'impegno ecologista, l'impegno per la lotta alla violenza contro le donne, argomento purtroppo attuale ancora oggi.