venerdì 9 dicembre 2016

La classe degli asini, 2016




Regia di Andrea Porporati, con Vanessa Incontrada (Mirella), Flavio Insinna (Felice), Fabio Troiano (Felice Casale).




Torino, 1964: Mirella è un'insegnante di scuola media, sensibile ma ligia alle regole e al dovere, spesso in contrasto con l'estroso collega Felice, convinto a tal punto che tutti possono imparare se aiutati in maniera particolare da istituire un personale doposcuola che riunisce senza discriminazione persone con handicap fisici e mentali o difficoltà di apprendimento. Quando Mirella e il marito Felice si vedono costretti a ritirare da una scuola speciale la figlia disabile Flavia perchè gli insegnanti ritenevano inutile che una bambina con handicap gravissimo come il suo andasse a scuola, la donna (compllice anche la travagliata vicenda di Riccardo, alunno problematico chiuso in un collegio) comincia a vedere l'esperienza costruita da Felice con altri occhi....



La fiction racconta la storia vera di Mirella Casale, insegnante prima, preside poi e madre di una bambina gravemente disabile, che fu tra le prime a portare avanti la lotta per abolire le cosiddette "classi speciali" (abolizione ufficilamente avvenuta nel 1977). Le classi speciali erano quelle dove venivano mandati, oltrw agli alunni disabili, anche alunni che in realtà non avevano alcun tipo di problema, se non irrequietezza (magari per disagi familiari), o perchè magari non capivano bene l'italiano venendo da famiglie emigrate da altre terre, o semplicemente catalogati come "difficili" o problematici (a volte, perfino chi era troppo timido!).
Oltre all'assurdità di rinchiudere bambini e ragazzi che con un po' di pazienza potevano recuperare perfettamente e che non avevano problemi di alcun tipo, lo svantaggio per i veri disabili era doppio: oltre a essere raggruppati in un'accozzaglia senza alcuna attenzione ai problemi del singolo handicap, venivano tenuti divisi dagli altri bambini e gli insegnanti di quelle classi non erano affatto specializzati  per qualsivoglia tipo di disabilità, oltre a essere malvisti dal resto dei colleghi.
Fatte così, non servivano a nulla, e pur se ancora oggi la strada da fare è ancora molta, qualcosa è già migliorato rispetto a quei tempi. Il film è semplice ma efficace e intenso nella rappresentazione della situazione scolastica e sociale dell'epoca riguardo alla disabilità e ai problemi dei ragazzi problematici: per questi ultimi l'alternativa alla classe speciale spesso era il cosiddetto "istituto di correzione", dove non si lesinavano botte e abusi contro i quali poco si riusciva a fare. La stessa Mirella, interpretata con bravura e sensibilità dalla Incontrada, inizialmente è un'insegnante vecchio stampo, pur dotata di sensibilità ed empatia: per lei sono fondamentali le regole, che servono per vivere meglio e mantenere l'ordine. Non che il concetto sia del tutto sbagliato, ma piano piano la sua esperienza con la figlia disabile la metterà di fronte al fatto che le regole sono importanti, ma si possono anche cambiare se ingiuste. Ad affiancarla nel suo personale percorso di presa di coscienza, due "Felice": il marito- che, più apprensivo di lei nei confronti della figlia, a sua volta inizierà un percorso per "lasciarsi un po' andare" - e un collega che inizialmente la stessa Mirella osteggia, ritenendolo troppo innovativo e sopra le regole (appunto). Poi, col tempo, saprà apprezzare anche il suo modo di fare e di vedere le cose, originale di sicuro ma più umano ed inclusivo.
Ho trovato gli attori molto bravi e in parte e la storia, seppure semplificata, raccontata molto bene. Come ho detto più volte, giusto raccontare queste storie e questi personaggi rendendoli noti al pubblico più giovane, come esempi positivi da seguire in questo tempo in cui ce n'è molto bisogno.




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